Caregiver: chi è, cosa fa e cosa prevede la legge

ll caregiver familiare (il termine inglese che significa “colui che dà le cure”) è entrato ormai nell’uso comune: indica la persona che si prende cura e che assiste un familiare (anziano, ammalato o disabile). Nella maggior parte dei casi i caregiver si occupano dei pazienti con demenza senile o affetti da altre patologie invalidanti che non consentono loro di muoversi per casa in autonomia o in ogni modo di provvedere ai propri bisogni fondamentali.

Caregiver: chi è e cosa significa il nome

I caregivers sono una figura che nell’ultimo periodo ha acquisito una fondamentale importanza nel nostro paese. Letteralmente significa “colui che dà le cure” ed è una persona che si prende cura di un familiare anziano in difficoltà o con disabilità. La figura del caregiver familiare svolge quindi un ruolo di fondamentale importanza per la società: assiste un familiare non autosufficiente a titolo gratuito e fuori dall’ambito professionale.

Spesso ci sono familiari costretti anche ad abbandonare il lavoro, perché lo Stato non garantisce assistenza in modo adeguato. Secondo i dati dell’Istat, i caregivers in Italia sono il 17% della popolazione (più di 8 milioni di persone). Tra questi, l’85% sono proprio i familiari delle persone che hanno bisogno di cure e 600 mila di questi sono a contatto con situazioni che necessitano uno sforzo maggiore da parte degli organi competenti.

Sempre secondo l’Istat, i caregivers sono tendenzialmente donne: il 30% ha un’età sotto i 45 anni e il 40% ha tra i 46 e i 60 anni. Le indagini condotte hanno fatto emergere un dato preoccupante: il 60% dei caregivers sono disoccupati perché “costretti” a dedicare dalle 10 alle 20 ore a settimana ai loro assistiti. Le percentuali sono ripartite in questo modo: il 25,1% dei caregivers dedica più di 20 ore a settimana, il 19,8% almeno 10 ore, il 53% meno di 10 ore a settimana.

Cosa fa il caregiver

Il caregiver è una figura fondamentale: deve assistere la persona malata e somministrare farmaci e terapie; deve occuparsi dell’acquisto e della prescrizione dei medicinali e delle visite specialistiche; deve accudire e lavare la persona quando non è in grado di farlo da solo; deve occuparsi della sua alimentazione e di tutte le cure previste.

La formazione è imprescindibile: per assistere un anziano, non ci si può improvvisare infermieri. La persona malata ha bisogno di una figura capace di assisterlo nei suoi bisogni e nelle sue necessità con una particolare attenzione alle sue abitudini e alle sue comodità. Per questo motivo, l’attività di caregiver può richiedere un dispendio notevole di risorse a livello personale, emotivo ed economico.

Stress, ansia e depressione possono aver ripercussioni importanti sullo stato psico-emotivo del caregiver, che sviluppa un senso di impotenza frustrazione nel vedere un proprio familiare in difficoltà. Sono episodi di stress assistenziale che vengono classificati come burden of illness, o semplicemente Burden: con questo termine infatti si indica lo stato psicologico, fisico e sociale a cui è sottoposto il caregiver.

Caregiver: cosa prevede la legge

La figura del caregiver vive quasi sempre nell’anonimato e la normativa per il suo riconoscimento è ancora insufficiente. Esistono solo i permessi 104 e un fondo per i caregivers, ma non esiste una legge articolata e strutturata che tuteli queste figure fondamentali per la vita di molte persone.

Le istituzioni sono assenti e non esiste, ad oggi, una legge che li tuteli (la proposta è ferma al Senato). L’unica tutela prevista è la Legge 104 (fino a tre mesi di permesso) per chi deve assistere familiari con disabilità e il congedo straordinario fino a 2 anni nei casi più gravi. Queste misure di sostegno non sono in alcun modo adeguate allo sforzo del caregiver.

La Legge di Bilancio 2018 per i caregivers aveva stanziato 20 milioni all’anno per ogni anno (fino al 2020) ma si è dimostrata insufficiente. La questione è stata sollevata dalla senatrice Simona Nunzia Nocerino (del Movimento 5 Stelle) che ha presentato una proposta di legge nazionale (testo n. 1461) dal titolo “Disposizioni per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare”. La proposta giace al Senato e deve essere ancora discussa.

Una delle regioni che si è mossa in anticipo è stata l’Emilia Romagna, che nel 2014 ha inserito la figura del caregiver tra i servizi assistenziali e socio-sanitari con la legge “Norme per il riconoscimento e il sostegno del caregiver familiare”. La regione inoltre sostiene questa figura attraverso un fondo regionale che emette ogni mese un assegno per il caregiver (e la sua famiglia),.

Caregiver familiare: come fare domanda all’Inps

 Il disegno di Legge sui caregiver (che tra l’altro prevedeva un assegno da 1900 euro annui per chi assiste un genitore anziano) non è ancora stato discusso e non si hanno notizie certe su quando possa diventare legge (il Covid-19 ha rallentato ulteriormente l’iter burocratico). Quindi non si può ancora fare domanda all’Inps per ricevere questo assegno ma esistono comunque diverse agevolazioni per i caregiver che assistono genitori non autosufficienti.

Il primo presupposto è che il genitore non sia autosufficiente, ovvero che sia invalido al 100% e non sia capace di svolgere in autonomia attività quotidiane come camminare, svolgere le faccende domestiche o fare la spesa. Per ottenere la certificazione della non autosufficienza,è necessario contattare l’Inps e richiedere una visita del medico curante. Solo dopo la certificazione dell’invalidità e l’accettazione della domanda sarà possibile ottenere un assegno di accompagnamento (regolamentato dalla Legge 104).

A seguito degli accertamenti sanitari, lo Stato eroga un assegno di 516,35 euro (non soggetto a limiti reddituali). Per i dipendenti pubblici e i pensionati pubblici (ed ai loro coniugi, parenti o affini di primo grado non autosufficienti) c’è un’ulteriore agevolazione: Inps Home Care Premium. L’Inps può erogare fino a 1.050 mensili come rimborso per le spese sostenute per l’assistenza a un familiare oppure può mettere al servizio della famiglia una prestazione integrativa (servizi personali domiciliari, prestazioni di sollievo, protesi, ausili, apparecchi…) con l’ausilio degli ambiti territoriali sociali (Ats) e di enti pubblici convenzionati.

Per ottenere queste agevolazioni, bisogna accedere al sito dell’Inps o contattare un patronato.  Il familiare che assiste una persona non autosufficiente ha diritto anche a una detrazione fiscale per le spese di assistenza fino a 2100 euro se il reddito non supera i 40 mila euro. Questa detrazione deve essere segnalata correttamente nel modello 730.

Le spese di assistenza che possono essere detratte sono: l’assistenza infermieristica e riabilitativa resa da personale paramedico in possesso di qualifica professionale; le prestazioni rese dagli assistenti di base e dagli operatori tecnico-assistenziali; le prestazioni fornite dagli educatori professionali e dal personale qualificato che svolge attività di animazione e di terapia occupazionale. I disabili beneficiano anche di una detrazione del 19% dall’Irpef per spese mediche specialistiche e l’acquisto di mezzi d’ausilio alla deambulazione.

Infermieri a domicilio: caregivers di professione

Non tutte le famiglie hanno la fortuna di poter contare sull’apporto di caregivers familiari. Il lavoro, gli impegni e la distanza in chilometri (spesso i parenti vivono lontano o in altre città) non consentono alle persone di accudire i propri cari non autosufficienti. Diventa quindi necessario trovare un sostegno ulteriore: gli infermieri a domicilio.

Professionisti in grado di intervenire in modo celere a domicilio, in strutture pubbliche, in ospedali e cliniche private. Al primo posto per loro c’è naturalmente il benessere psicofisico del paziente. l servizio infermieristico domiciliare può essere svolto in orari diurni o notturni o con copertura h 24 ed è rivolto a tutti quei pazienti affetti da patologie acute o croniche che hanno bisogno di un’assistenza ad ore, sia sporadica sia continuativa.

Gli infermieri a domicilio inoltre sono la figura di riferimento per pazienti con problemi neurologici cronici, pazienti affetti da demenza su base vascolare (Parkinson e Alzheimer), pazienti affetti da esiti di ictus cerebrale, pazienti oncologici e pazienti che necessitano di un’assistenza temporanea o continuativa.