Biopolimeri e plastica riciclata

Solo pochi anni fa sarebbe stato impensabile per chi lavora nel mondo degli stampi per materie plastiche poter usare materiale riciclato per stampare nuovi prodotti, soprattutto perché si riteneva che a farne discapito sarebbe stata la qualità finale.
Con l’esperienza, e quindi con gli anni, questa idea sbagliata è stata non solo smantellata ma addirittura ribaltata dalle richieste di mercato.

Infatti la richiesta di prodotti finali eco sostenibili è aumentata in maniera esponenziale per svariati motivi, sia per la nuova spinta ecologista che sta muovendo l’economia internazionale sia per promuovere il proprio marchio come amico dell’ambiente. Insomma, avere un prodotto eco sostenibile è molto utile per il brand, ed il marketing al giorno d’oggi si fa anche così.

Biopolimeri

Per quel che riguarda le materie plastiche, due sono le strade perseguite fino ad oggi a favore dell’ambiente:

  • Studio e produzione di bioplastiche
  • Riciclo della plastica

Le bioplastiche sono materiali di derivazione naturale da fonti rinnovabili, come lo è ad esempio la plastica per imballaggi creata a partire dal mais.

A favorire lo sviluppo dei biopolimeri è stata, almeno in parte, anche la difficoltà di riuscire a differenziare alcuni materiali, basti pensare ad esempio a quanti piccoli elettrodomestici buttiamo via al giorno d’oggi, oppure agli smartphone, che contengono una miriade di materiali diversi e che solo da pochi anni subiscono un minuzioso smontaggio adibito al recupero.

Questi oggetti di uso quotidiano sono infatti costruiti per un buon 20%-30% in plastica, pensate quindi a quante tonnellate di plastica si trovano nei vari centri di raccolta rifiuti e restano inutilizzati.

Fortunatamente la tendenza è cambiata, complice anche l’emergenza climatica che ha reso tutti più sensibili all’argomento, tanto che anche l’Unione europea è intervenuta stanziando dei fondi per ridurre l’uso di plastica “nuova” nei dispositivi elettronici, favorendo quindi il riciclo.

Nello stampaggio ad iniezione si è perciò arrivati a concepire processi in grado di sfruttare sia bioplastiche che pellet di plastica riciclata per produrre nuovi oggetti, e spesso è il mondo del design a richiedere oggetti eco sostenibili, perché come si sa, l’arte ha sempre combattuto per nobili cause.

I biopolimeri nati da fonti rinnovabili sono di vario tipo, e si differenziano tra loro sia per la diversa origine ma anche per il metodo con cui vengono ottenuti, e le materie prime sono solitamente mais, cellulosa, canna da zucchero.

Le difficoltà nell’uso di questi polimeri sta però nelle loro caratteristiche, soprattutto meccaniche, non sempre all’altezza della situazione, essi presentano una scarsa barriera al vapore e sono sensibili all’acqua, per lavorarli necessitano quasi sempre di un periodo di pre essicazione, magari attraverso l’uso dei deumidificatori per PET, conosciuti da chiunque costruisca o usi stampi per lavorazioni plastiche.

Uno dei primi polimeri ad essere usati è stato quello derivato dalla lavorazione della canna da zucchero, il PLA, con la caratteristica di essere molto versatile e uno dei pochi biopolimeri ad avere anche caratteristiche fisico-meccaniche buone, tanto da essere usato anche in alcuni componenti degli smartphone.

L’importanza del riciclo

La plastica inquina, questo è ormai assodato, ma non perchè esso sia un materiale tossico, nocivo o pericoloso per la salute del pianeta, ma per l’uso improprio che se ne fa e del suo smaltimento a fine utilizzo.

Esatto, il problema della plastica non è tanto nel materiale ma di come noi esseri umani, che ci crediamo padroni del pianeta, ce ne sbarazziamo con troppa leggerezza.

A volte fa capolino in qualche rivista l’immagine di una tartaruga o altra specie marina in difficoltà perché avvolta da un sacchetto della spesa, oppure ci fanno ribrezzo le immagini di spiagge e rive piene di plastica galleggiante, ma quella plastica è anche nostra, e allora farci ribrezzo dovremmo essere noi stessi.

Pensate che nel bel mezzo dell’oceano pacifico esiste un isolotto composto da immondizia di plastica chiamata Pacific Trash Vortex, formatasi a causa di una particolare corrente a vortice che confluisce in quel punto che diventa quindi una zona stagna di accumulo di materiale.
Tale isola sembra possa contenere fino a 100 milioni di tonnellate di immondizia, e possa essere grande almeno come la Spagna. Immaginate quindi quale danno ambientale possa procurare un simile mostro ecologico.

E sapete quel’è il maggior problema di questa isola di plastica? Che essendo nel bel mezzo dell’oceano, lontano da tutti, finisce nel dimenticatoio.

la vera differenza la possiamo fare noi cittadini, sia come utenti privati che come aziende, con lo smaltimento dei rifiuti fatto in maniera coscienziosa, con la differenziazione dei rifiuti ed il riciclo.
Basta solo un po’ di senso civico, a volte è sufficiente portarci a casa quelle 4 cose che avanzano da un picnic per tenere l’ambiente che ci ospita più pulito.

Facciamo attenzione poi a quelle che per il mercato sono plastiche biodegradabili, perché in realtà lo sono solo a certe condizioni ambientali, quindi non pensiate che lasciare nel bosco un piatto di plastica bio vi lasci la coscienza a posto, perché non è così.

Dai test sul campo risulta purtroppo che spesso i dati dichiarati non corrispondano a realtà, questo proprio perché i test eseguiti in laboratorio avvengono in condizioni ottimali, mentre in natura non è quasi mai così.

In poche parole, si all’uso della plastica per le grandi cose che con essa si possono fare, basti pensare all’uso del plexiglass come barriera ai virus, ma sempre attenzione all’uso indiscriminato e al suo smaltimento.

Bottiglie di plastica in RPET

Uno dei più grandi consumi di plastica a livello casalingo è quello delle bottiglie d’acqua in PET, un po’ perché quella del rubinetto è troppo calcarea o ha un retrogusto cattivo, un po’ perché l’acqua frizzante è quella da molti preferita.

Fortunatamente dal 2010 esistono in commercio anche bottiglie prodotte con l’uso di PET riciclato, quello che viene comunemente chiamato RPET, che per questo specifico uso deve però a sua volta provenire da dal riciclo di bottiglie in PET con almeno il 50% di PET vergine, quindi capirete che l’RPET è si un buon aiuto per incentivare il riciclo e diminuire la produzione di plastica vergine, ma non può essere l’unica soluzione al problema dello smaltimento.

Con l’RPET non si construiscono solo bottiglie ma può essere usato come la normale plastica per qualsiasi oggetto di design, gadget, tessuti sintetici, penne e quant’altro si possa immaginare.
Se poi siete amici del verde e volete aumentare il valore del vostro brand, potreste ad esempio regalare delle penne in RPET con il vostro marchio.

Insomma, l’era del riciclo è iniziata da poco e la battaglia per un uso più consapevole della plastica è ancora lunga, ma il fatto che il mondo dell’industria (bottiglie in RPET, stampaggio di oggetti in plastica riciclata) abbia posto l’attenzione sull’argomento può darci un po’ più fiducia nel futuro.